Per me gennaio è il mese del Festival international de la bande dessinée d'Angoulême. Ricordo di esserci stata nel 2008 (dove fermai in fila ai bagni chimici Adrian Tomine facendo la figura della fan girl sfigata), nel 2009, 2010 (l’anno in cui ero in Erasmus a Parigi), e poi nel 2018 e l’ultima volta nel 2019 (grazie a Edition Rackham perché era uscito il mio libro “Non so chi sei” in francese). Ogni volta è stata un’esperienza stupenda e di grande ispirazione. Il clima internazionale, le novità che vedevo negli stand degli editori, chiunque voglia intraprendere questo mestiere deve andarci almeno una volta! Questa era la 50esima edizione e il Gran Prix l’ha vinto Riad Sattouf mentre io sono 3 anni che voto Catherine Meurisse :) Comunque è bizzarro che nello stesso anno in cui si celebra la vincitrice del Gran Prix dell’anno scorso Julie Doucet è sorta una bufera attorno a uno degli ultimi albi dell’autore Bastien Vivès (autore molto sopravvalutato secondo me).
L’ultimissimo libro che ho letto è “Non dipende da te” di Mariachiara Montera. Tutte le considerazioni e le domande che emergono sono cose a cui mi è capitato di pensare spesso negli ultimi anni. Ne riporto qui dei pezzettini su cui dovremmo riflettere tutti, noi creatori e creatrici di immagini, fumettiste e illustratori.
“Quello culturale è un lavoro che in Italia, dagli anni Ottanta, è stato svuotato di valore e di importanza: ne parlano Jonathan Zenti e Giulia d’Alia in un episodio del podcast Nuda e cruda (questo), in cui si chiedono se il lavoro creativo sia roba per ricchi. Conclusione: non è detto, ma è un mercato dove i meccanismi di crescita non sono lineari o equi, e dove è insita la pratica di escludere chi non ha un privilegio. Chi scrive, o produce cultura, lavora in condizioni di media fragilità: lo dicono anche i numeri. In Italia i libri pubblicati in un anno sono circa 70 000: 190 libri al giorno. Ogni titolo vende una media di 160 copie, mentre il 97% dei titoli non supera le 500 copie, secondo la ricerca del centro studio AIE 2021.”
e poi:
“Questo assunto che se ami quello che fai non hai la sensazione di lavorare davvero: lo avete già sentito, no? Eppure, spiega Sarah Jaffe, non abbiamo mai lavorato così tanto come in questi anni: ci snodiamo pr essere disponibili, reperibili, flessibili, infiniti. Lavoriamo la sera, il sabato, svolgiamo tre lavori per inseguirne uno che sia quello che amiamo, e non molliamo mai. Però, ecco: questa storia del lavoro per amore somiglia tanto a un inganno.”
E su questa mi sono sentita proprio coinvolta perché c'è una domanda che mi sono fatta spesso e a cui avevo già dato parzialmente delle risposte durante la pandemia del 2020. Comunque ve lo consiglio.
“Ma io, esattamente, dove e perché ho cominciato a pensare che il lavoro che svolgo e la persona che sono stiano sullo stesso livello? E ancora: basta essere brava, per avere successo?…A voi ne faccio una (domanda): cosa rimane del lavoro se lo spogliamo dai sentimenti di identificazione?
Tu ti identifichi tanto con il tuo lavoro? Se non riesci a pubblicare una vignetta per il The New York Times ti colpevolizzi e pensi di non valere abbastanza? Fammi sapere!
📚Letti, guardati e ascoltati
Machos alfa su Netflix, commedia spagnola molto divertente sugli stereotipi!
God save the queer di Michela Murgia (Audiolibro), un punto di vista inedito sulla cristianità, la madonna, Gesù, Dio e lo spirito santo.
California di Francesco Costa (Audiolibro), sempre interessante capire come se la passano dall’altra parte del mondo.
I figli che non voglio curato da Simonetta Sciandivasci (Audiolibro), anche se io adesso ho una figlia rispetto chi non ne vuole avere e anche tutte le altre forme di genitorialità!
Ho recuperato 5 (su 9!) stagioni di Homeland su Disney+, bello!
Sono riuscita ad andare eccezionalmente al cinema domenica scorsa e ho visto “Le vele scarlatte” l’ultimo film di Pietro Marcello. Un regista che amo molto come poetica e scelta delle storie che racconta. Molto bella la colonna sonora!
Si sta tornando molto a parlare di violenza ostetrica e di narrazione tossica della maternità che la vuole edulcorata e totalizzante. Contro questo modo di percepire e vivere l’essere madri ho letto e ascoltato una moltitudine di contenuti di persone che stimo molto e che hanno uno sguardo che condivido, e devo dire che mi hanno aiutata tantissimo a vivermela con più leggerezza. Mi fanno molto incazzare tutti gli stereotipi e le aspettative irrealizzabili intorno al “ruolo della madre”. Reputo di avere gli strumenti per capirlo, accorgermene e ribellarmi, e penso a chi, invece, non ce li ha e potrebbe soffrirne non avendo la forza di chiedere aiuto o commettendo errori fatali. Dove sono, in questo caso, le pari opportunità?
“Mamme con la partita Iva: Come vivere allegramente la maternità quando tutto è contro” di Valentina Simeoni
“Molto più di nove mesi. Diventare genitori (nonostante tutto)” di Lucy Knisley
“Genitori onesti” Podcast su storytel di Valeria Fioretta
“L’ora della mamma” di Natalia Levinte (questo podcast è FONDAMENTALE)
“L’educazione responsabile” di Alli Beltrame
“Questioni di famiglia” dei Papà per scelta
“Lo faccio per me” e “Papà, fatti sentire” di Stefania Andreoli
🏄🏻♀️Cose disegnate, dette, fatte (o che farò)
Il mio libro illustrato “Margherita Hack: esploratrice delle stelle” è tra i migliori Libri di astronomia per bambini e ragazzi fascia 8/10 anni
Parlo ancora dei temi del mio fumetto “Non so chi sei” in questa Intervista su Lampoon magazine
Sono riuscita a registrare un nuovo video (la foto di apertura è stato il mio set!). Parla di maternità e partita Iva e c’è anche una sorpresa nella descrizione 👇
Ciao e alla prossima newsletterina!